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Bird Gerhl, Antony and the Johnsons

In questi giorni chiusa in casa – non so quanti siano stati, realmente-
mi sono mancati molto i volti degli altri, studiarne i dettagli, i profili, le espressioni.
Soffermarmi a guardare qualcun altro che non fossi io, qualcun altro di sconosciuto, intendo.


Ho rivolto spesso lo sguardo verso me stessa, più di quanto lo faccia a cose normali. Verso i miei difetti, le mie particolarità, le mie malinconie, i miei gesti. Tutto ciò che mi appartiene.
Più che una decisione, credo sia stata una necessità. Nel mio piccolo, salvifica.

D’altra parte sono consapevole che la mia paura più grande è scomparire, non esserci da un momento all’altro, accettare di essere un essere finito.

La fotografia in questo mi fa male, ma mi salva. Ogni giorno fotografo ed è come se questo fosse la prova che esisto davvero, che quello che penso esiste davvero, come per dire: oggi vivo in questo mondo, oggi ci sono.


Qui ed ora.

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